
Nel bando della gara indetta da Costa più di un mese fa, la richiesta era di un’offerta di rimozione del relitto intero con la clausola determinante della salvaguardia ambientale. Il che, come sottolinea Max Iguera, responsabile dei salvataggi di Cambiaso e Risso Service, gruppo di servizi marittimi rappresentante da 60 in Italia della Smit Salvage (che sta attualmente completando con un’operazione da manuale l’aspirazione dei combustibili), esclude l’invasiva operazione di sezionamento. Dieci le ditte interpellate, le più accreditate al mondo, in grado di eseguire l’operazione nel minor tempo possibile, garantendo la massima sicurezza e il minor impatto: Smit Salvage BV, Svitzer Salvage BV, Mammoet Salvage BV, Titan Salvage, Resolve Marine Group Inc., T&T Marine Salvage Inc., Donjon Marine Inc., Tito Neri S.r.l., Fukada Salvage & Marine Works Co. Ltd., The Nippon Salvage Co Ltd.
Il 3 marzo sono scaduti i termini per la presentazione dei piani operativi. Hanno risposto otto società e nell’abituale incontro settimanale con gli abitanti del Giglio, domani, il responsabile della Protezione Civile, Franco Gabrielli, Commissario Delegato per l’Emergenza Costa Concordia, potrà anticipare a grandi linee le soluzioni proposte.
La scelta sarà effettuata entro la fine del mese, affidata un comitato tecnico, composto da rappresentanti di Costa Crociere, Carnival Corporation & plc, Fincantieri, Rina ed esperti del settore, che sta valutando le proposte insieme al Comitato Scientifico delle Protezione Civile. Poi si procederà con le operazioni, che potrebbero richiedere dai 6 mesi a un anno e mezzo di tempo.
?I problemi fondamentali sono due: tappare le falle e raddrizzare la nave, dandole stabilità e galleggiabilità, per rimorchiarla via? spiega Iguera. Le aperture praticate durante le operazioni di soccorso e di ricerca dei corpi non preoccupano: è lo squarcio di 70 metri lungo la chiglia che richiederà 100 tonnellate di lamiere presagomate da saldare. Tra le ipotesi per il sollevamento della ?Costa Concordia?, l’uso di palloni, di argani ancorati sulle chiatte, di pontoni con verricelli, di cassoni in acciaio fissati ai lati della nave come giganteschi salvagenti stabilizzatori.
Ogni operazione di recupero fa caso a sé, ma questa ?si presenta particolarmente complicata per le dimensioni della nave e per il luogo del naufragio?. Ovvero, come fa capire Iguera, in zone non vincolate si potrebbe procedere con una palificazione in mare per fissare gli argani in grado di sollevare il gigantesco relitto. Perchè sia le chiatte che i pontoni in qualche modo vanno fissati al fondo, altrimenti gli argani non potrebbero sollevare 112 mila tonnellate piene d’acqua.
Ed è anche un problema di costi, altissimi, per decine e decine di milioni di euro. La soluzione più economica apparentemente semplice non sempre risulta la migliore: in una gara d’appalto per il recupero di un relitto nel Mare del Nord furono scartati due progetti da 90 milioni scegliendo quello da 55. ?Da due anni la nave è sempre sul fondo e la ditta ha abbandonato l’impresa? ricorda Iguera.
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